Molti pensano che Checco sia il mio Capitano per eccellenza, ed è così: Checco è stato e per sempre sarà il mio Capitano Eterno.
Ma non il primo, seppur mai secondo per importanza, quando mi venga in mente la definizione “Capitano della Roma”. Il mio primo Capitano fu Agostino Di Bartolomei, detto Ago. Persona tanto seria quanto passionale nei momenti che contano, professionista esemplare, romanista vero, faro di tante contese in mezzo al campo, stoccatore dalla distanza, capace di potenza e precisione.
La foto qui sopra è famosissima e lo ritrae in ginocchio, esultante, abbracciato da Carletto Ancelotti di spalle con la maglia numero 8, dopo aver segnato un goal di fondamentale importanza verso il cammino dell’agognato scudetto 1982-83, quello in cui la Roma giunse in porto col vessillo, per citare le sue stesse parole, del Capitano di quella squadra leggendaria.
Sempre ad Agostino si deve la più bella definizione de noantri che tifiamo la Maggica, parole che tutt’oggi ci riempiono il cuore di orgoglio e gratitudine: ci sono i tifosi di calcio e poi ci sono i tifosi della Roma. Daje.
Agostino è stato poi anche di più, per me: nell’unica volta in cui l’abbia visto giocare con indosso la maglia della Roma, che è poi anche l’unica in cui abbia visto giocare il Divino, insieme a lui, seppe mostrarmi, in quella sola occasione che sarebbe stata sufficiente per una vita intera, la via per conquistare il mio, di vessillo. Figlio di Roma, Capitano e bandiera. E io con lui. Capitano e bandiera di certo no, che per ambire a certe cose occorre ben altro. Ma figlio di Roma sì, assolutamente. E, dunque, grazie, Ago. Mio primo Capitano. A ben vedere, ripensandoci, il più importante di tutti.