Torino

Torino, di cui in questa mia foto del 2013 possiamo osservare uno degli ingressi al Borgo Medievale – la Torre-porta di Oglianico – ovvero l’accesso a uno dei luoghi che più mi piace frequentare colà, è una metropoli sabauda rimasta in gran parte ferma ai tempi dei Savoia, anche se ogni tanto qualcosa eppur si muove, anche lassù.

Antica capitale del Regno di Sardegna e prima capitale del Regno di un’Italia per la prima volta riunita sotto un unico vessillo dai tempi dell’Impero Romano (sempre ave) – primogenitura di cui i torinesi sono soliti vantarsi tantissimo, manco Roma l’avessero costruita loro anziché il contrario, diciamo – ai giorni nostri è, molto più sobriamente, il capoluogo della regione Piemonte, nonché ex centro nevralgico di uno dei poli industriali più importanti del paese, quella fabbrica di automobili e annessi e connessi alla cui relativa real casa moderna si deve anche la piaga imperitura della seconda squadra di calcio cittadina.

Città con cui ho sempre avuto un rapporto complicato, che solo in tempi recentissimi si sta evolvendo verso una più serena e perfino (incredibile ma vero) gioiosa frequentazione, a conti fatti ha davvero molte cose da offrire. Occorre solo avere la pazienza di cercarle, queste cose, e non farsi scoraggiare dal grigiore e dalla cupezza di secoli di immobilità sepolcrale, che ancora aleggiano su certe vie, prospettive, portici e piazze di cui i torinesi, manco a dirlo, vanno particolarmente orgogliosi.
Del resto, li si può forse provare a capire: per molti di loro il mondo comincia poco più a nord, ai confini segnati dalla chiostra delle Alpi e dal massiccio del Monviso, e finisce poco più a sud, a Moncalieri. Dopodiché, hic sunt leones.


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