La mia dea madre

La mia dea madre è Roma. L’avreste mai detto? Intesa come città, come storia, come sentimento, in definitiva come stato d’animo. Avrei potuto scegliere di personificarla in Cibele, che era stata accolta nel pantheon romano identificandola in Rea, la dea madre di tutti gli dei. Ma non mi interessano i culti anatolici o ellenistici fatti propri dall’Impero Romano. Mi interessa l’idea stessa di Roma.

E il simbolo di questa idea non poteva che essere la lupa capitolina, così ben rappresentata dal logo realizzato per la Roma da Piero Gratton nel 1978 – il celeberrimo “lupetto” – talmente innovativo e stilisticamente perfetto da essere divenuto un simbolo senza tempo, amatissimo e utilizzato ancora oggi.

Un momento, direte voi, ma stai parlando di Roma o della Roma?
Di entrambe.

Roma, dea madre e fonte di vita, dea dell’amore, dell’accoglienza e del focolare, dea dei viaggiatori e custode della memoria.
Di cui la squadra è stata, è e sempre sarà, per me, l’araldo.

Un po’ come Silver Surfer per Galactus, diciamo. Però mejo. Avoja.


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