
(Commento extended version a questo post di Diemme sul proprio blog.)
Cara Diemme,
mi rifaccio vivo dopo lunga pausa di riflessione a lasciarti un commento in un’occasione affatto leggera, anche se si sta parlando di un fumettista.
Ci ho pensato su per qualche giorno, se scrivere qualcosa o no, temevo che mi sarei dilungato troppo. E infatti è andata proprio così.
Perché io a Michele – in arte Zerocalcare – voglio bene, lo stimo e lo apprezzo per ciò che racconta e per il modo in cui lo fa. E per il fatto pure, che, dato il suo orientamento politico, mi obbliga a considerare un punto di vista diverso dal mio, poiché vengo da destra. Una destra moderata e liberale che non ha, e non vuole avere, niente da spartire con i fantocci postfascisti di cui sono pieni in questo tempo gli scranni parlamentari di casa nostra. Che non solo mi farebbero ridere se non fossero in condizione di fare tanti danni, ma pure mi inorridisce il solo pensiero che io, dichiarandomi in posizione opposta rispetto alle sinistre – per quanto si possano e si debbano sempre cercare dei punti di confronto e compromesso – possa venire accomunato a simile feccia umana e politica.
Lo stesso discorso vale per Israele.
Io mi schiererò sempre, sempre, sempre con il popolo israeliano, ma nei confronti del suo attuale governo la mia posizione è diametralmente opposta.
Possiamo dirlo che Netanyahu è un vecchio dinosauro, che non sapendo più come fare a tenersi saldo sulla poltrona ha cercato l’appoggio di estremisti le cui idee politiche farebbero impallidire perfino Pillon, o si rischia di sembrare antisemiti?
Possiamo dirlo che l’attuale governo di Israele è sostenuto da pericolosi fascistoidi con brame di potere assoluto, a cui forse – dico forse, che come insegnava il buon vecchio Andreotti a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca – non è parso vero di trovarsi a combattere una guerra e ricompattare così il fronte dei propri consensi traballanti?
Partecipare a un evento patrocinato dall’ambasciata israeliana avrebbe messo in difficoltà anche me, pure se si trattava solo di un fatto simbolico, ma i simboli sono importanti.
La stella di David è una cosa, una rappresentanza istituzionale che sia emanazione del governo di Netanyahu e Ben Gvir è ben altra cosa, soprattutto con l’attuale situazione di conflitto nella Striscia di Gaza.
Con ciò non voglio certo sminuire la gravità del momento, né sostenere che Israele non dovrebbe reagire né proteggere i propri cittadini con tutto lo spiegamento di forze e la fermezza necessaria, cosa che non mi passa nemmeno per la testa.
La mia posizione nei confronti di Hamas è ancora più radicale.
Hamas non rappresenta nulla fuorché se stesso, è al pari dell’ISIS, entrambi nient’altro che bande di terroristi sanguinari che non combattono per altra causa che non sia affermare la propria autorità su un territorio. Per quanto mi riguarda, l’unico miliziano di Hamas buono è quello messo in grado di non nuocere, e se per ottenere questo risultato non c’è altra scelta che infilargli una granata su per il c***, non ho niente da eccepire.
Fosse per me, una volta individuati gli ingressi dei famigerati tunnel, visto che loro stessi han dichiarato che tali strutture non ospitano civili ma solo miliziani (dimostrando con simili affermazioni di essere delle autentiche volpi, fra l’altro, ma non c’è da stupirsi; ferocia e astuzia spesso viaggiano su binari opposti), non rischierei la vita di un solo altro soldato e li sigillerei, gli ingressi. Una bella colata di cemento a presa rapida, un paio di tonnellate per ogni imbocco tanto per andare sul sicuro, il tempo che asciughi e si solidifichi e poi hop, tutti a casa alé, se la sbrigassero pure là sotto come meglio credono. Troppo crudele? Poesse, ma darebbe loro la dignità di scegliere come por fine alle proprie miserabili vite senza metterne a repentaglio altre di innocenti, che è molto più di quanto essi stessi concedano alle vite altrui.
Peccato che i loro capi politici se ne stiano al calduccio altrove, ma per estirpare un cancro da qualche parte bisogna pur cominciare.
Ma, detto quale sia il mio pensiero, Michele, mi pare, non ha mosso nessuna accusa né fatto distinguo, non ha chiesto a Israele di non difendersi o non reagire. Ho letto varie volte il suo comunicato multimediale, e la sola cosa che mi ha fatto storcere il naso è stata la vignetta dove un personaggio domanda al suo alter ego disegnato se avrebbero invitato un ucraino a un evento patrocinato dalla Russia; che francamente è una cazzata che non si può sentire e, conoscendolo (non di persona, ma ci siamo capiti), credo che nella foga del momento gli sia sfuggita e poi non ci sia più tornato sopra perché sarebbe stato peggio. Anche se chiaramente c’è chi ha preso spunto da lì per rinfacciargli che abbia accomunato Putin al governo di Israele. Per fortuna mi pare ci sia ancora parecchia distanza, e mi auguro che rimanga tale.
Michele è stato in zona di guerra in Siria e Kurdistan e ne ha riportato pagine che pochi altri avrebbero saputo scrivere; è un fumettista e non un intellettuale, va bene, ma è un artista impegnato e ci mette sempre la faccia. Conosce la realtà di Gaza ed è normale che uno si senta più vicino alle cose che conosce piuttosto che a quelle che non conosce.
Si dispera per i civili palestinesi che stanno pagando il prezzo delle atrocità commesse da quelli di Hamas, che come i topi di fogna quali sono si nascondono in mezzo e sotto la popolazione, sotto gli ospedali, maledetti bastardi che non sono altro.
Michele afferma che il governo di Israele, nella propria risposta militare, stia compiendo dei crimini di guerra nella Striscia di Gaza, ed è un’accusa plausibile. Che si tratti di una strategia in qualche modo obbligata, o di una precisa volontà di fottersene del diritto internazionale, non cambia la sostanza.
Detto, come già ho fatto prima, che una risposta militare non solo è giustificata ma purtroppo è necessaria, mi domando: possibile che una nazione tecnologicamente avanzata e militarmente all’avanguardia come Israele, che il proprio nemico già lo conosceva – non è che Hamas sia spuntato fuori adesso, anche se nell’occasione ha mostrato nuove strategie, tattiche e armamenti e dunque può aver avuto il vantaggio iniziale di un certo grado di effetto sorpresa – non abbia saputo escogitare e tenere pronti piani di controffensiva migliori e più accurati del bombardare a tappeto e ndo cojo cojo?
Il modo giusto con cui rispondere all’attacco di Hamas forse non esiste, come scrivi tu; le sole valutazioni che si possono fare sono in termini di efficacia e di perdite di vite umane, il che include sia i civili che, naturalmente, i propri soldati. Combattere casa per casa e scendere nei tunnel, anziché bombardare dall’alto, può consentire di minimizzare gli effetti collaterali per la popolazione della Striscia ma espone a un più alto numero di propri effettivi morti e feriti. É una valutazione crudele e spietata, allo stesso tempo, giocoforza, è quella che viene fatta da chi deve dare ordini e scegliere quali rischi correre e quali perdite prevedere e prepararsi ad accettare.
Io non sono un pacifista di quelli che considerano la pace come un’entità che possa discendere dal cielo e illuminare il mondo, così, solo perché lo vogliamo. Si vis pacem para bellum non è, per quanto mi riguarda, solo uno sfoggio di un detto latino, ma una dura necessità.
Io non ho nessun nemico, ma se a qualcuno venisse mai in mente, per motivi suoi, di considerare me come suo nemico, e decidesse di venirmi incontro tipo con un bastone in mano, io se posso scappo, se non posso scappare cerco di farlo ragionare, ma se proprio mi ritrovo con le spalle al muro e quello non desiste, ebbene, cercherei di difendermi con ogni mezzo mi trovi a disposizione, e di fargli passare la voglia di inseguirmi.
La mia vita è la sola che ho e sono pronto a difenderla con le unghie e coi denti, se necessario, non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello di considerare la vita di chi voglia compromette la mia come se avesse più valore della mia, di vita; a costo di fargli male, poverino (come invece sostengono alcuni cosiddetti pacifisti, anime belle comodamente assise in poltrona a pontificare o che al massimo scendono in strada con una bandiera arcobaleno).
Io credo nel potere deterrente delle armi, perché per quanto uno possa essere non violento e in pace con il mondo, un idiota che si metta in testa di venire a rompere la tua, di testa, prima o poi c’è l’eventualità che spunti fuori. Dunque, meglio essere pronti, incutere rispetto e anche timore, se occorre; sperando di non doverle mai usare, le armi, ma se proprio non ci sono altre opzioni, le si usa eccome.
Condivido a questo proposito e faccio mio il pensiero di Primo Levi, che affermava come un certo grado di violenza sia necessario, per prevenire e contrastare una violenza più grande e indiscriminata.
Ma, per tornare al punto di stringente attualità, quello che fa soffrire Michele è l’idea che anche solo una vita innocente possa pagare il prezzo di tutto ciò. E lo condivido. Combattere è necessario, considerare le vittime civili come semplice danno collaterale, no. Combattere è necessario, in qualche modo, dal momento che chi ti attacca non solo non smette di farlo ma sta cercando di allargare il fronte; ma, come ho già detto, è possibile che non si possa fare meglio di così? Possibile che non si possa avere un rispetto della vita degli abitanti della Striscia maggiore di quella che dimostrano di avere i miserabili topi di fogna di Hamas? Voglio credere di sì, e lo chiedo, anche. Nessuno immagino voglia imporre a Israele un atteggiamento passivo né di porgere casomai l’altra guancia, che sarebbe come invitare i terroristi a nozze, ma di non abbandonarsi al livello di brutalità dei suoi assalitori; che poi si rischia di non riuscire più a distinguere gli uni dagli altri, quando invece una distinzione chiara e netta non è solo necessaria, è doverosa.
Dopodiché, né io né tu né Michele abbiamo soluzioni migliori o alternative da proporre.
Il suo è il lamento di un animo profondamente turbato dagli eventi, che si interroga su ciò che la sua coscienza gli richiede a confronto con ciò che gli richiede il mestiere con cui si guadagna da vivere, e che lo investe di un ruolo pubblico.
Io lo rispetto e provo a comprenderlo, e perdonami se la mia difesa ti stia sembrando troppo accorata. Ma accusarlo di ingenuità mi pare ingeneroso.
Sostenere che i bombardamenti compiuti da Israele sulla Striscia di Gaza nell’ultimo mese siano paragonabili a quelli compiuti dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, che venivano a liberare i nostri nonni dai nazi ma intanto sganciavano tonnellate di bombe sulle città italiane, tedesche e giapponesi, quello sì che a me suona come un’ingenuità, e pure bella grossa.
I primi tribunali internazionali sono stati istituiti solo nel 1945 dopo la fine della guerra, il diritto internazionale così com’è codificato e riconosciuto oggi, prima di quella data, non esisteva, esistevano trattati limitati e sottoscritti solo da alcuni dei belligeranti.
Nonostante la mancanza di riferimenti giuridici contemporanei ai fatti, tuttavia, che a Montecassino, Dresda, Hiroshima e Nagasaki siano stati perpetrati dei crimini di guerra non solo è assolutamente sostenibile: è storia.
Con immutata stima,
Dario