
Il secondo dio della mia infanzia venne dal cielo a bordo di un disco volante in una sera di aprile del 1978, con indosso la tuta di volo più figa che sia mai stata ideata, a partire dall’iconico casco (una cui copia fedele mi guarda dall’alto, qui di fronte a me, proprio mentre ne sto scrivendo).
E’ notizia di attualità, peraltro, che si stia preparando il suo secondo avvento1.
Il personaggio, la cui identità civile nell’originale giapponese è Daisuke Umon e che avremmo imparato a conoscere e amare come Actarus, fu lo straordinario protagonista di avventure del tutto nuove e rivoluzionarie per l’epoca, storie che ancora non sapevo di sognare ma di cui riconobbi immediatamente di avere bisogno.
Insieme a lui, valorizzato dal doppiaggio del grande Romano Malaspina, e al suo bellissimo robot dalla magnifica testa coi tratti squadrati e irta di corna grandi e piccole, nonché dotato di optional leggendari, il perimetro del mio immaginario si allargò di colpo a dismisura fino a non avere più confini, raggiungendo le stelle per un viaggio destinato a durare per sempre.
In verità ha fatto anche di più, per me. Ma questa è un’altra storia, che richiede il giusto spazio; ci arriveremo al momento opportuno.
Al tempo stesso uomo proveniente da un altro mondo e spirito guida in qualità di nobile cavaliere, poiché non si può fare a meno di associarlo al proprio possente mezzo meccanico e nemmeno, diciamolo, ci si sognerebbe di farlo, Actarus/Duke Fleed/Goldrake ha aggiunto alla mia personale equazione cosmogonica un nuovo elemento che da lì in poi sarebbe stato ricorrente in parecchi “colleghi”: una super-lega metallica.
1 Vedasi il link alla fonte dell’immagine di apertura.
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