
Premesso che Torino è stata e resterà granata, l’altra squadra torinese è purtroppo anche la più nota in Italia e nel mondo, non sempre e non solo per meriti sportivi. Ci arriviamo.
Fin dall’inizio della mia storia di tifoso ci sono sempre stati loro, gli odiati bianconeri, a contendere vittorie e soddisfazioni alla mia Roma. Non è un caso che abbia scelto come foto rappresentativa una famosa immagine del loro più celebre e celebrato campione dell’epoca (tratta da qui). E a me più antipatico, peraltro.
Tolto il derby, che è sempre opportuno tentare di vincere senza se e senza ma, per ribadire a quegli altri, i periferici, che il nostro nome è il simbolo della loro eterna sconfitta, le sfide contro la Juventus per me sono la madre di tutte le partite, che si giochi in casa o fuori.
Società, giocatori (non tutti, ma parecchi) e tifosi (idem) juventini1, dagli anni ’80 in poi, rappresentano per me la più concreta incarnazione di arroganza, presunzione, spocchia, desiderio di prevaricazione e pretesa di impunità.
Hanno perfino la faccia tosta di esporre, nel proprio stadio, le effigi di due scudetti che sono stati loro revocati per tutte le malefatte che sono riusciti a compiere prima che li beccassero e li spedissero in serie B senza passare dal via; e li conteggiano pure ufficialmente, quei due titoli inesistenti, con la Lega Calcio italiana che chiude un occhio su questo come su ben più spinosi “dettagli”, in virtù della pax calcistica nazionale e della “tutela del brand” della Serie A.
Non stupisce che la Vecchia Signora sia amata da una buona metà dei tifosi di calcio italiani (pochi a Torino, of course, ma tantissimi nelle periferie e nel resto d’Italia, pure troppi, diciamolo), soprattutto perché trattasi di squadra spesso vincente a livello nazionale – mentre la palma di vincente in senso assoluto spetta di diritto al Milan – e sia odiata dall’altra metà, senza distinzione di appartenenza a questa o quella tifoseria.
Si potrebbe sostenere che sia, questo, il destino dei vincenti, ovvero di risultare divisivi.
Se non fosse che la medesima società vanta anche il non lusinghiero primato di essere la più chiacchierata, indagata, prescritta, condannata e patteggiata d’Italia.
Qualcosa vorrà pur dire, e di certo non che si tratti di una società perseguitata, come sostengono alcuni suoi tifosi, incapaci di separare la legittima passione per la propria squadra dal giudizio sulle colpe di dirigenti ciclicamente incapaci e colti con le mani nel sacco.
1 A onor del vero, per fortuna, conosco anche diversi tifosi juventini “moderati” coi quali si può parlare di calcio in modo oggettivo, senza buttarla in caciara o sul “noi abbiamo vinto tutto, di che vogliamo parlare?” oppure sul “noi DOBBIAMO vincere perché siamo i più forti, punto” (del resto uno dei loro più famosi giocatori e dirigenti, Giampiero Boniperti, sosteneva che “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, frase che gente ben più competente e neutrale di me in materia sportiva giudica semplicemente aberrante; ma che è stata fatta propria sia dalla tifoseria che da alcuni campioni più recenti, come ad esempio Alex del Piero, che considera una tale affermazione alla stregua di un prezioso insegnamento, sic). Peccato che, nel mucchio, tali tifosi per bene siano sempre troppo pochi.
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